Danza, estetica del movimento

febbraio 25, 2008

La danza, ancora alla fine dell’Ottocento, faticava ad essere riconosciuta come autonoma forma d’arte (considerata come momento minore per accompagnare la musica, equiparata più alla pantomima). Doveva, per riuscirci, elaborare un proprio lessico sia dal punto di vista tecnico (danza come grammatica del corpo) sia dal punto di vista della poetica. E naturalmente lo fece: un linguaggio codificato che diviene tecnica, la base necessaria per connotare il lavoro del ballerino, per misurarne le capacità, la base su cui poi si innestano anche altri criteri valutativi e d’espressione. La danza quindi diviene un linguaggio codificato e complesso che nel movimento esprime la sua compiuta estetica. Ma con il tempo tale linguaggio si frantuma in diverse possibilità, diversi stili i quali richiedono al corpo del ballerino una diversa forma di movimento. Lo testimonia questo brano estratto dall’intervista che l’etoile Gilda Gelati ha rilasciato a Gloria Chiappani Rodichevski: “Avendo una formazione classica, faccio fatica a penetrare la scelta di coloro che abbracciano altri stili. Da ballerina classica ti dico che il linguaggio della danza moderna è interessante ed è un percorso che desidererei fare, ma sono legata alla programmazione della Scala, quindi se le coreografie che amerei affrontare non sono inserite nel cartellone, rinuncio alla mia sete di balletto moderno. Ad esempio farò Sinfonia di salmi di Kylian, perché è in programma: coreografie di questo tipo o la Giselle di Ek o i lavori di Neumeier sono momenti artisticamente importanti per una ballerina. Comunque affrontare la danza moderna significa accostarsi ad un altro linguaggio che io trovo difficile da comprendere, anche fisicamente. Mi attrae e vorrei affrontarlo in modo approfondito, ma se devo compiere un percorso faticoso e quasi snaturante, mi chiedo se ne valga la pena. […] Sono opere e stili che normalmente non affronti, quindi ci devi arrivare per gradi, cioè attraverso i diversi stadi di maturazione”. 

Nel pieno riconoscimento della danza come forma d’arte interviene anche certo lavoro critico, che con forza fa emergere la necessità di definire le specifiche del fare danza. Illuminante la posizione di Mallarmé che nella danza, e nel movimento del corpo che ne è manifestazione, vede: pura intenzione in atto capace di trasformarsi in simbolo, fluttuanti visioni, emozioni non decifrabili immediatamente ma comunque percepibili. La danza come una forma di poesia non ingessata dall’uso, e dalla gabbia, della parola. Un corpo che danza diviene perciò astrazione, pura espressività, estetica in compimento, sorretta da una tecnica (un linguaggio) che deve necessariamente essere sconvolta e reinventata, è un’istanza, persino un bisogno, che appartiene ad ogni forma d’arte. Viene posto in primo piano il corpo, non può essere altrimenti, la danza è un corpo che si costruisce nello spazio, lo sconvolge, lo reinventa, lo allarga, ecc. e la tecnica è da considerarsi non come un linguaggio chiuso in sé che non ammette aperture, bensì la base attraverso cui esprimere libertà di fare e di contenuti, in quanto la danza ridotta all’essenza è “comunicare”, è un modo di esprimere sé, un concetto, un’emozione ecc.

ivo.jpgSi è posto il problema del corpo (bellezza) e del linguaggio della danza (compreso il suo rinnovamento) Ismael Ivo, ballerino e coreografo curatore delle ultime tre edizioni (compresa la prossima in programma a giugno 2008) della Biennale danza di Venezia. Quella di Ivo è una riflessione sulla bellezza, concetto che oggi si declina esclusivamente come espressione fisica, tralasciando ogni valore interiore, ecco che l’arte della danza, pura bellezza in movimento, può aprire nuovi orizzonti di senso e sensibilità. Dice Ivo: “Essendo un festival di danza contemporanea ho trasformato il tema incentrato sul corpo visto attraverso la coreografia, la tecnica e tutti quegli aspetti ad esso legati, da investigare, rinnovare, collegare, per trovare nuovi vocabolari, affinché tutti i linguaggi della danza – etnica, classica, moderna, postmoderna, minimalista – trovino nuovi input. Il corpo come luogo in cui si riflettono contraddizioni, bisogni, interrogativi del nostro tempo. […] Dentro il mio percorso creativo ho sempre utilizzato impulsi differenti in varie direzioni. Per me oggi l’interesse della danza come coreografo è cercare delle forme per trasformare il vocabolario fisico e tematico, perché penso sia importante, non solo per il ballerino di danza moderna, tentare di creare un nuovo repertorio per il balletto di questo secolo. E’ certamente importante rifare ancora le opere del repertorio classico che rappresentano un patrimonio prezioso, ma non ci si può fermare a questi, perché appartengono ormai al secolo scorso. Oggi è importante dare una nuova fisicità, un nuovo vocabolario, nuovi temi e idee”. Ma proficua e stimolante è anche l’idea di contaminare, collegare diverse forme d’arte, come lui ha fatto con danza e letteratura (Shakespeare). E così con danza e arte figurativa (Bacon) “Questo collegamento con l’arte visuale penso sia importante per il balletto. Bisogna sperimentare di più, avvicinare e collegare i vari linguaggi delle arti, incluso l’aspetto multimediale” non solo il linguaggio della danza da rinnovare “Le diverse influenze rappresentano per me un universo creativo. Non concepisco la divisione. Non esiste il classico, il moderno, il contemporaneo, o il vecchio, ma la qualità”, ma il linguaggio dell’arte in generale da rinnovare con diversi contributi, diversa sensibilità, diversi incontri. Come vede l’idea di estetica della danza Ivo “Per me è uno stato interiore. Non c’è un’estetica definita, perché cambia di anno in anno, di secolo in secolo. Il momento della danza è un momento sacro, è un rapporto con un altro tipo di forza, di energia, che ti fa portatore di un messaggio” . Quale il senso della danza e la responsabilità di un coreografo “Quella di lasciare la danza come un documento e uno specchio del tempo. Come fece Isadora Duncan che espresse la liberazione del corpo. O come Nijinsky con L’apres midì d’un faune che suscitò scandalo all’Opera di Parigi con le persone dopo lo spettacolo che litigavano e discutevano su quell’estetica nuova. Questa è la funzione della danza: portare avanti un senso dell’esistenza per poter progredire umanamente, socialmente, e aprire altre porte del cuore” (brani tratti dall’intervista fatta a Ismael Ivo da Giuseppe di Stefano il sole24ore.com). Sono curioso di vedere cosa quest’anno proporrà alla Biennale Ismael Ivo, come il suo percorso accidentato, difficile, ma coerente e vivo si concluderà.