Il blu di Tokyo (4)

Maggio 19, 2008

Maison Ikkoku di Rumiko Takahashi.


Il blu di Tokyo (3), pioggia, Murakami (passando per Verlaine)

Maggio 2, 2008

Gli occhi di Naoko si riempirono di pianto, due lacrime le rigarono le guance e caddero con un rumore distinto sulla copertina di un disco. Fu l’inizio di un pianto irrefrenabile. Piangeva con il corpo piegato in avanti e le mani poggiate sul pavimento, nella posizione di chi sta vomitando. Non avevo mai visto in vita mia un pianto così violento. Stesi dolcemente la mano e le toccai le spalle. Sentii il fitto tremito che la scuoteva. Poi, quasi inconsciamente, la strinsi tra le braccia. Continuò a piangere così, in silenzio, e io sentivo il suo tremito attraverso il mio petto. Per le lacrime ed il respiro caldo la mia camicia si inumidì, e dopo un po’ era completamente bagnata. […] Restai a lungo in quella posizione aspettando che Naoko smettesse di piangere. Solo che non smise. (Haruki Murakami – Tokyo blues, Norwegian wood).


Il blu di Tokyo (2) visto da Shin’ya Tsukamoto

aprile 21, 2008

“a Snake of June”

E’ certamente vero che lo stile essenziale di Tsukamoto è immediatamente riconoscibile, così le sue storie fatte di pochi personaggi ed un’ambientazione scarna (concentrando l’attenzione sul corpo, e sulla degradazione della società urbana moderna, impastando il tutto con una massiccia dose di nichilismo) ciò che in questo film prevale è la nitidezza dell’immagine (e della fotografia), esasperata fin quasi alla stilizzazione, in certi tratti sembra di assistere allo svolgersi di un catalogo di vivide fotografie, che si susseguono grazie al montaggio rapido, sincopato, alle sequenze “in movimento”, mettendo in scena una qualità di tale calcolata freddezza che si sublima nel contrasto tra il racconto fatto dalle sequenze cinematografiche dinamiche e lo stacco sulle foto scattate alla protagonista (Asuka Kurosawa) dal voyer malato terminale, in un film non risolto a mio avviso a livello di trama (e non bastano alcune buone invenzioni dai risvolti simbolici o una esibizione delibata e destrutturante di certi stilemi trash), non realmten penetrante, si rischia di storcere il naso perché in sottofondo ci si chiede se quello del regista non sia più un raffinato gioco estetico; comunque magnifico, informato da un bianco e nero che vira prevalentemente verso gradazioni di blu. Quel blu è in grado di cogliere il colore autentico di Tokyo. Il colore della città e delle facce di chi ci vive, è una patina che ricopre vite, contraddizioni, necessità, amore, sesso, parole, nevrosi, tempo, perversioni, inganni, ipocrisia, morte


Tokyo, luce e colore: in lucem claresceret ampliorem…

marzo 20, 2008
  • “Perché luminoso è ciò che luminosamente si unisce al luminoso” abate Suger
  • “Cosa vi è di più bello della luce, essa, che pur priva di colore, illuminando rivela il colore delle cose?” Ugo da San Vittore
  • “le luci materiali, sia quelle poste con ordine nel cielo (le stelle), sia quelle create dall’artificio umano sono immagine della vera luce” Scoto Eriugenia

“Che grande cosa sono il tono ed il colore e chiunque non impari a sentirli, vive lontano dalla vera vita” Van Gogh.

Tokyo in certe ore del giorno (come della notte) esibisce una qualità di blu che fa sembrare la città sospesa nel cielo, affondata nell’oceano, ed allora pare che il respiro ti si mozzi quando camminando ti immergi in quel blu, lo respiri, e capisci che quel colore, le rifrazioni della luce su di esso, come si mescolino e compongano i diversi toni che lo formano hanno un senso che ti trascende, che puoi al massimo intuire, certo percepire, ma mai realmente comprendere. Eppure il senso è interrogarsi su ciò che quel colore è e rappresenta in sé e per te, non sviscerarne l’essenza. Luce, colore, vita.